10 cose da sapere per comprare l’olio buono

È il re della dieta mediterranea, è buono ed è un vero toccasana per la salute: è consigliato a chi soffre di colesterolo alto, è una preziosa fonte di vitamina E ed è pure un concentrato di antiossidanti utili nella prevenzione di tante malattie. Tutto questo se si tratta di un olio extravergine d’oliva di qualità.

Ma quanti consumatori fanno una scelta consapevole nell’acquisto dell’olio? E l’olio che arriva sulla nostra tavola è davvero italiano o potrebbe capitare di non trovarne traccia? Certo non rassicura la recente notizia che la Commissione commercio internazionale del Parlamento europeo abbia dato il via libera all’importazione di altre 35mila tonnellate di olio di oliva tunisino: oltre alle inevitabili ripercussioni sull’attività degli olivicoltori italiani, aumenta il rischio di contraffazione della produzione made in Italy miscelando poco olio realmente nostrano con oli di oliva stranieri di bassa qualità, che costano poco per la coltivazione iperintensiva e la scarsa remunerazione del lavoro.

Questi oli, i cui difetti risulterebbero troppo evidenti – odore forte, il gusto acre e l’eccessiva acidità derivanti da una cattiva conservazione delle olive raccolte e lasciate a fermentare – vengono «deodorati» , ovvero trattati attraverso lavaggi chimici non ammessi per legge per l’olio extravergine) per renderli, se non appetibili, almeno presentabili. Produrre olio di qualità ha un costo, e se la concorrenza è schiacciante Il piccolo produttore fa molta fatica a sopravvivere. L’unico modo per sostenerlo e per evitare il consumo di «oli tarocchi» è saper acquistare con consapevolezza.

Abbiamo chiesto il parere di Marco Oreggia, assaggiatore esperto, paladino dell’olio d’oliva e curatore di Flos ole, guida alla conoscenza dell’olio extravergine d’oliva, dedicata appunto alle migliori produzioni di extravergine di qualità in tutto il mondo, che l’autore presenterà anche a New York nei prossimi giorni.

«Importare olio è necessario. Gli italiani hanno un consumo di 13/15 kg procapite all’anno. Per soddisfare questa richiesta abbiamo bisogno almeno del doppio dell’attuale produzione italiana, che invece di aumentare, a causa delle sempre maggiori difficoltà in cui versano gli olivicoltori, come gli alti costi di produzione e la mancanza di tutela, negli ultimi anni è decisamente calata. L’Italia, il Paese dell’olio, è per assurdo il suo principale importatore. Se un tempo eravamo i primi produttori, ora i principali sono Spagna e Grecia, che ne realizzano anche di ottimo, soprattutto la Spagna. Il problema non sta nell’importazione, ma nella scelta di prodotti di bassa qualità e nella difficoltà di tracciarne la provenienza. Ora l’arrivo dell’olio dalla Tunisia causa un ulteriore distorsione del mercato dei prezzi, perché il gioco al ribasso certo non aiuta», spiega Oreggia. «L’olio tunisino non è di grande qualità perché ci sono problemi di filiera, di olive troppo mature, di lavorazione non accurata: non dovrebbe essere denominato extravergine, ma purtroppo la classificazione merceologica è molto ampia».

Non sempre le etichette sono chiare: quando si acquista l’olio a cosa bisogna prestare attenzione?
«Come prima cosa sarebbe meglio accorciare la filiera recandosi direttamente da un produttore, oppure cercare sulla bottiglia i bollini che certificano la denominazione d’origine (DOP o IGP); meglio ancora se l’olio è anche biologico. La bottiglia non dovrebbe costare meno di 6/8 euro e dev’essere scura, l’olio è meglio filtrato che torbido (torbido non vuol dire più genuino) e guardandolo in controluce deve essere privo di sospensioni e di depositi eccessivi. Il colore non è fondamentale, varia dal tipo di olive, ma se è incolore (tipico degli oli raffinati) o ha toni aranciati denota cattiva lavorazione o degradazione ossidativa. Al gusto, le uniche vere sensazioni da provare sono l’amaro e poi il piccante».
Come va conservato?
«Va protetto dalla luce, dal calore (spesso lo si tiene vicino ai fornelli) dall’ossidazione, e al contrario del vino, non va fatto invecchiare, meglio consumarlo entro 12 mesi, massimo 18».

L’olio extravergione di oliva è adatto per le fritture? «Lo considero il migliore, ha il punto di fumo più alto in assoluto. Per friggere si può usare anche quello di arachide: si ottiene una buona frittura, però si degrada rapidamente e non si può utilizzarlo più di due volte, mentre quello d’oliva anche quattro».

Non sarà un po costoso?
«Quello che non paghi nella qualità del cibo rischi di pagarlo poi dal medico».

Frantoio dei Colli, la tradizione sulla tua tavola

Il Frantoio dei Colli deve il suo nome al luogo in cui si trova, fra le colline più belle d’Abruzzo, fra l’Adriatico e la Majella. Proprio questa vicinanza a mare e montagna crea il clima più adatto alla coltivazione degli ulivi.

Forti di questo patrimonio naturale, Giuseppe La Pietra e la sua famiglia portano avanti una tradizione olearia che si perpetua da generazioni e che da sempre ha come primo obiettivo la qualità.

L’olio d’oliva ha una storia antica fatta di tradizione e qualità, sapore e profumo, gusto e genuinità. Percorrendo con passione questa strada, da oltre un secolo la nostra azienda continua a seguire tutti i passi della lavorazione.

Olio novello 2022

Confezione 5lt

9,00€ al litro

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